Il mediatore interculturale
Pubblicato in diritto pubblico in data 21/10/2010
Autore: Corbi Mariagabriella
Nel turbinio dell’evoluzione sociale è necessario garantire alle famiglie multietniche una pari opportunità di accesso ai servizi, pertanto è fondamentale approntare un sistema d’integrazione mediante la mediazione interculturale distribuendo tale apporto sul territorio.
Non solo attività di interpretariato ma di una “traduzione” della cultura e della società ospitante: oltre ad abbattere le barriere linguistiche si prefigge di mitigare ed annullare anche le difficoltà dei migranti, nel complesso e variegato processo d’integrazione.
Le persone immigrate giungono con un corredo di costumi, valori e tradizioni che vanno rispettate. La scelta di un’immigrata musulmana che predilige essere visitata da un medico-donna. Medesima scelta vale per l’alimentazione, o per l’acquisizione della lingua che potrebbe rivelarsi discriminante e fonte d’isolamento.
Pertanto risulta più conveniente la condivisione di modelli interculturali che possono risultare fonti di risorse per un progetto di convivenza e sviluppo di nuove “comunità” a misura d’uomo, a prescindere dal Paese di provenienza.
La figura del Mediatore Interculturale nasce dall’esigenza di conciliare più di un interesse e di salvaguardare alcuni valori culturali e religiosi e peculiarità delle numerose comunità immigrate presenti sul territorio.
E’una figura professionale che svolge attività di collegamento tra persone immigrate appartenenti a culture diverse e associazioni, strutture socio-sanitarie, servizi e istituzioni sia locali che nazionali, con l’obiettivo di offrire soluzioni pertinenti alle varie esigenze di integrazione di ogni persona. Essendo uno specialista è sottoposto al continuo aggiornamento sulle tematiche inerenti l’immigrazione, la pedagogia interculturale e i diritti umani. Facilita l’incontro di due realtà:il mondo della cultura di accoglienza e il mondo dell’immigrazione.
I requisiti indispensabili di un mediatore interculturale sono:
1. versatilità del proprio ruolo;
2. ottima conoscenza della lingua italiana e di una lingua straniera (inglese);
3. buona conoscenza della storia, della cultura e della religione sia italiana che del paese di origine di coloro che sono immigrati;
4. preparazione di base sulle nozioni della legge italiana;
5. possibilità di accesso ai servizi e alle modalità di espletamento delle principali pratiche;
pazienza e capacità di mediazione;
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6. solida formazione culturale e conoscenza dei metodi e tecniche della comunicazione;
Questa professione è riconosciuta a livello regionale, ma non lo è ancora a livello nazionale: è stata nominata, ma non regolamentata dal “Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero” – questo è uno dei motivi che ha generato non pochi abusi.
La sua collaborazione trova applicazione in diversi campi:
Ambito Scolastico: illustrando le varie prospettive fornite dal sistema scolastico italiano, dalla normativa vigente, agevolando la programmazione e l’organizzazione della didattica stimolando l’interazione fra le famiglie immigrate ed i docenti e inglobando, nel processo educativo e formativo dei figli all’interno delle Istituzioni scolastiche, i genitori stranieri.
Ambito della Formazione, dell’Informazione e dell’Orientamento professionale: illustrando all’utente straniero le varie caratteristiche richieste indispensabili per l’ingresso nel mondo del lavoro.
Ambito Giuridico: in relazione alle informazioni inerenti alla legislazione statale, regionale, provinciale e comunale in tema di immigrazione e facilitando i rapporti con le istituzioni giudiziarie ed amministrative.
Ambito Socio-Sanitario: figura affiancata all’opera del personale dei servizi sociali e sanitari e agevolando le relazioni fra i cittadini immigrati e le A.S.L.
Mariagabriella Corbi
Dottoressa in Scienze dell’educazione
Consulente dell’educazione familiare
Mediatrice Familiare